Il ciclismo italiano tra Tour e dilettanti

Che cosa hanno in comune Vincenzo Nibali e Matteo Trentin, i due corridori italiani che hanno conquistato gloria al Tour de France? Ed ancora Fabio Aru, Elia Viviani e Diego Ulissi? Tutti quanti hanno militato in squadre medio-piccole nella loro carriera dilettantistica. Nessuno dei nostri migliori corridori, di quelli che si stano esprimendo con maggior regolarità ad alti livelli, arriva da quelle tre o quattro squadre under 23 che hanno dominato il campo negli ultimi anni. 

Vincenzo Nibali è cresciuto nella Mastromarco. Trentin nella Marchiol e nel Team Brilla, tra cross e strada. Aru ha pedalato nella Palazzago, anche lui cominciando con il fuoristrada. Pista e strada invece per Viviani alla Marchiol, mentre Ulissi ha pedalato per due anni nella piccola Seano.

Fabio Aru
Fabio Aru

Nei loro successi attuali c’è anche molto merito di queste squadre, e questo deve portare a delle considerazioni sul ciclismo giovanile italiano. Il nostro movimento under 23 ha bisogno di cambiare molte cose. E’ un movimento dominato da due o tre squadroni che si scannano per portare a casa più vittorie possibile, spesso delle banali kermesse paesane dove la superiorità di squadra abbassa ulteriormente il già mediocre valore tecnico di queste corse.

Il nostro ciclismo giovanile deve puntare più sulla qualità che sulla quantità, e guardare più alla crescita dei talenti che al numero di vittorie immediate. E’ una visione lungimirante che riscontriamo solo in alcune piccole realtà, quelle che hanno permesso ai loro corridori di arrivare al professionismo ed esprimere il meglio del loro talento. Altre squadre invece lanciano tra i pro corridori già spremuti e bruciati, oppure ragazzi che hanno conquistato decine di vittorie in contesti di scarsissimo valore tecnico.

La crescita graduale, la multidisciplina e le esperienze in contesti tecnicamente importanti senza cercare subito la vittoria, crediamo debbano essere i capisaldi sui quali deve fondarsi il ciclismo giovanile. Le squadre continental, come la Area Zero o la Marchiol che abbiamo visto nascere quest’anno, sono state un primo progetto interessante, ma crediamo che sia indispensabile che le squadre maggiori si dotino di proprie squadre B, come già fanno da anni Astana, BMC e altre, per avere un controllo più diretto sulla crescita dei giovani talenti.